I corsi che dovremmo seguire tutti
[Onde #127] Della necessità di riequilibrare la bilancia della nostra formazione
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Online ormai c’è un corso per tutto. O quasi. La grande corsa del digital e della comunicazione è rivolta alla creazione di contenuti, progetti e strategie. Che si tratti di articoli, social media, newsletter, video, podcast… Stiamo lavorando tutti sulla parte che definisco “attiva”, ovvero quella che ci insegna a parlare. Ma quella “passiva”, in cui impariamo ad ascoltare e a capire?
Questa settimana un paio di cose mi hanno fatto riflettere sul tema. Mi hanno fatto pensare che forse abbiamo bisogno anche di corsi per imparare a capire. Non solo a creare. Perché cambiano gli strumenti e i format, ma è sempre la solita storia: esprimersi è più facile che fermarsi a riflettere.
In una bella puntata della sua newsletter,
sottolinea come il mondo sia diventato demanding:Ci hanno insegnato che fare molte domande è buona pratica, che è sintomo di intelligenza, di proattività, di curiosità. Non ci hanno messo in guardia su quanto tempo si possa perdere a rispondere a domande stupide o quanto se ne possa guadagnare anticipandole.
Parole che mi hanno ricordato un esercizio tanto noioso quanto utile, che si faceva a scuola: la comprensione del testo. Te la ricordi? Qualcosa di molto sottovalutato, ma che nell’era dei contenuti ovunque e a tutte le ore è ancor più fondamentale.
E infatti Cristiano continua così:
Ci siamo abituati a chiedere a un assistente vocale di calcolare il tempo di cottura della pasta anziché guardare l’orologio, a un telecomando di scegliere la nostra serie TV preferita, a un tool di Intelligenza Artificiale di scrivere un’email al posto nostro. Siamo diventati moltiplicatori di domande: solo oggi scorrendo tra le email e i messaggi ne conto – l’ho fatto davvero, le ho contate – circa 76. La metà di queste avrebbe trovato facilmente una risposta se il testo fosse stato letto con più attenzione.
E a proposito di tempo da dedicare all’attenzione, veniamo al secondo punto di riflessione. Le hai viste le “foto” dell’arresto di Trump e quelle di Macron tra i disordini dei manifestanti francesi?
Uno…





… e due.
Fatti che ovviamente non sono mai avvenuti. Le immagini però sono impressionanti, vero?
Ormai siamo pieni (per fortuna) di corsi che ci insegnano a sfruttare l’intelligenza artificiale e a usare i giusti comandi (prompt, come dicono quelli fighi). Ma poi quando non siamo noi a creare, quando siamo utenti che fruiscono di un contenuto, siamo in grado di capirlo e analizzarlo? Lo so, lo so, tu leggi e ti informi tanto quindi starai pensando “figuriamoci, mica ci casco”. Ma davanti a quelle foto fake, la mia deformazione professionale da giornalista mi ha portato a chiedermi: col diffondersi di immagini di questo genere, quante persone saranno davvero in grado di capire quando una foto è vera e quando è finzione? Ti assicuro che - purtroppo - sono molte ma molte meno di quanto pensiamo. L’approssimazione di certa stampa (non tutta) e la scarsa conoscenza di certi strumenti non aiutano.
Ecco perché sintetizzerei quindi questa riflessione con due concetti: comprensione del testo e analisi delle fonti*. Vogliamo investire in corsi e istruzione su questi temi? Cominciamo a riequilibrare la bilancia della nostra formazione. Affianchiamo alla voglia di esprimerci, che ha indubbiamente un gran fascino, anche il desiderio di imparare a comprendere meglio.
Come dice Annamaria Testa, in un articolo molto interessante sull’Internazionale:
Sappiamo che, per noi esseri umani, intelligenza è la facoltà di intendere (i latini dicevano, appunto, intelligere) ciò che ci circonda e di estrarne un senso. E poi la capacità di elaborare il pensiero astratto e di imparare, di ricordare, di applicare ad altri ambiti ciò che impariamo e ricordiamo. E ancora: intelligenza è ciò che ci permette di valutare ed esprimere giudizi, di risolvere problemi, di inventare, di entrare in relazione coi nostri simili.
La capacità di intendere, appunto. Capire, elaborare e valutare.
È uno sforzo, lo so. Richiede fatica. Ma è uno di quegli investimenti che alla fine ripaga tutti. Chi crea contenuti, chi ne fruisce. Che poi siamo sempre noi.
* So bene che a livello giornalistico esistono da tempo corsi che spiegano anche l’analisi delle fonti. Ma quest’ultime cambiano! Con il concetto espresso sopra intendo che spero ci sia la prontezza e la voglia di seguire le continue evoluzioni del digitale e dell’AI con una formazione pensata non solo per chi produce, ma anche per chi fruisce.
🌊 L’onda giusta
Se ti piacciono i long read e le guide dettagliate, questa settimana potrei avere un link interessante per te. Come abbiamo già visto in passato, un buon brief è il primo passo per un buon contenuto. Ma come si prepara?
E, soprattutto, come si riesce a ottimizzarlo per facilitare la vita di chi dovrà scrivere poi sulla base delle nostre indicazioni? 👇
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💡 I link della settimana
💻 Lavorare - La prima impressione è quella che conta vero? Soprattutto quando gli utenti arrivano nella pagina in cui speri di convertire. Tre semplici consigli per migliorare la tua landing page e renderla più profittevole.
📱 Social - La professione del social media manager è in continua evoluzione. Ecco un buon contenuto che racconta le 6 macro-aree in cui si divide il suo lavoro e quali tools utilizzare per ogni fase.
🛠️ Il tool - Bento. Una valida alternativa a Linktree per avere la tua pagina / portfolio con tutti i link che vuoi. La grafica è anche molto accattivante.
📚 Leggere - Comunicare e scrivere per trovare lavoro. Dal personal branding al colloquio di lavoro, dal CV al profilo LinkedIn: il libro di Roberta Zantedeschi spiega molto bene come usare la comunicazione come skill vincente in ambito professionale. Qualunque sia il tuo impiego e settore. (Se te la sei persa, qui trovi l’intervista che le ho fatto qualche tempo fa proprio su questi temi).
🎧 Ascoltare - Ponti invisibili. Questo podcast è la storia del viaggio in Siria della giornalista Teresa Potenza. Un ascolto in nove puntate, molto interessante e utile per andare oltre gli stereotipi.
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Hai ragione, si è persa l’abitudine a soffermarsi su ciò che leggiamo, ascoltiamo e guardiamo. Il livello di attenzione è bassissimo. Ci illudiamo di poter comprendere un contenuto o un fatto anche solo leggendo sommariamente i titoli, i tweet, i punti principali.
A volte credo stia scemando la vera curiosità, quella che ti trascina oltre quello che credi di sapere, invece di metterti in discussione.
Lo facciamo tutti, chi più chi meno, in ambiti diversi. E credo anche che chi invece si prende la briga per davvero di approfondire è che per qualche motivo è obbligato a farlo o estremamente interessato.